Quel giorno, ogni colore si trasformò nel proprio complementare. Il cielo era giallo-rosato, la gente aveva la pelle cianotica, l’erba era diventata rossa.
Due topi si scrutarono impauriti, nel vedersi col mantello quasi fluorescente. Un’ape a strisce bianche e viola volava impazzita. L’acqua della risaia rifletteva il cielo color zabaglione. Una rana rosso-fuoco vide una zanzara, candida come la neve. D’istinto, allungò la lingua e la catturò. Il sapore era pur sempre quello di un’ottima zanzara. Anche la rana rossa, però, apparve come un buon boccone al candido corvo, che scese a divorarla.
Allora il fiume cominciò a colorarsi. Dopo tanti decenni d’angherie e di sporcizie d’ogni genere versate nelle sue acque, decise di prendersi una rivincita. Qualche rivolo diventò giallo, poi rosa, poi rosso, mentre altri optavano per la gamma dei verdi. Le acque gorgoglianti festeggiavano un carnevale di gioia e di colori. Poi tutti i rivoli del fiume si rimescolarono ed assunsero concordi un colore blu, come l’inchiostro stilografico. Si stupirono i pescatori, si stupirono ancor più i pesci. Il fiume colorato batteva contro le pile del vecchio ponte e tutti accorrevano a vederlo.
L’acqua tracciava arabeschi sulla sabbia, come l’agile scrittura d’una mano esperta. I segni divennero parole e delinearono mille, diecimila, centomila volte, una stessa parola, lungo il corso del fiume: “Basta! Basta! Basta!” Basta inquinamento? Basta guerre? Ciascuno interpretò l’espressione come meglio credeva. Tutti avevano qualcosa cui dire: “basta!” e perciò tutti si trovarono d’accordo.
Solo la discarica di rifiuti, che ammorbava la città, non si trasformò. Massiccia, elefantiaca, puzzolente, la discarica resistette e non cambiò colore, rimase tetra e squallida. I suoi miasmi si levavano nell’aria, grigi e cupi. Qui si svolgeranno gli scavi archeologici dei posteri, per ricostruire la nostra civiltà.
Autore: Alberto Arecchi
Mi piace immaginare un mondo con quei colori....sogno o incubo?
RispondiEliminaIn bocca al lupo